venerdì 31 dicembre 2010

Dalla Brianza con amore: i Waiting For Memories

29/12/2010, Casa 139: un luogo che di per sè assomiglia più ad un circolino con calcetto e birra media annessi, ma che in realtà è una delle sedi di maggior rilevanza per i live a Milano. E' un ARCI, ovvero un circolo promosso e finanziato dall'associazione di promozione sociale della città in cui si trova. I circoli ARCI offrono, ai loro tesserati, eventi culturali che vanno dall'arte (mostre e compagnia bella) alla musica (jem session, festival...). Per quei pochi appassionati di musica ancora privi di tessera, consiglio con il nuovo anno una dovuta redenzione. La tessera in questione ha un costo che oscilla tra i 10  e i 13 euro (a seconda della sede in cui ci si iscrive), quindi piuttosto ridotto e permette di partecipare per tutto l'anno a diversi concerti in giro per la metropoli milanese a prezzi stracciati (ovviamente in tutte le sedi ARCI).
Finita la (neanche troppo) breve parentesi sui circoli ARCI, la cui importanza difenderò a vita, posso parlare del piccolo live che ho visto l'altro giorno. Si trattava principalmente di una gig dell'ex voce dei Giardini di Mirò, ora leader degli Amor Fou, Alessandro Raina aka Casador, introdotto (in acustico) da un giovanissimo gruppo brianzolo: i Waiting For Memories.
Trio hardcore di under ventenni (sì, avete capito bene) con una discreta gavetta live alle spalle, che qui dalle mie parti sono abbastanza conosciuti.
No, non sono miei amici. Sì, li conosco, ma non avevo una grande opinione nè del genere (lo screamo, l'hardcore ecc ecc tendenzialmente mi fanno schifo) nè delle loro capacità, fino a che non li ho sentiti.
Cominciamo col dire che hanno 19 anni, più o meno, e si esibivano di fronte ad un pubblico di almeno trentenni (me e il mio amico Luca esclusi), con la puzza sotto al naso e abituati ad un certo tipo di rock concettuale/intellettuale come può essere quello di Casador e che non muovevano un muscolo durante l'ascolto. Continuiamo dicendo che, cantante a parte, gli altri membri non suonavano i proprio strumenti (il bassista era al synth e tamburello e il batterista, definito l'Aaron Gillespie del brianzolo, suonava la chitarra) e  non hanno detto mezza parola a riguardo per "giustificarsi" di eventuali imperfezioni o impacci. Terminiamo con il non trascurabile dettaglio dell'acustico che, per una band fortemente hardcore come sono i Waiting For Memories, è castrante.
Sono stati eccezionali. Ripeto, non amo il genere "mistruggodidoloreedatochesonounadolescentecomplicatoepienoditatuaggilourloalmondo", ma quando è cantanto con la voce di Ferra, aspirata e potente come solo quella dei migliori Underoath, allora mi innamoro. Un ragazzino che a quell'età è in grado di creare delle dinamiche così intense, di non segare quasi una nota, di raggiungere una potenza che spacca come se non fosse un acustico senza urlare nel microfono, ha proprio tanta strada di fronte a sè. Inoltre, non va tralasciato il fatto che tiene il palco come se avesse dieci anni di più.
Gli altri due componenti, vagamente più impacciati per via del cambio di strumenti, sono stati ugualmente all'altezza, specie il bassista che si è rivelato una backing vocal precisa e (di questi tempi nell'hardcore va detto) intonata.
Acustici spaccano come se avessero la batteria, hanno il tempo, il ritmo e le dinamiche. Non sono stancanti -nonostante il loro genere, ahimè, lo sia- e hanno saputo coinvolgere, almeno me.
Se io avessi i soldi e le capacità giuro che questi li promuoverei! Forse non qui in Italia perchè, si sa, un genere come questo non ha grande appeal, ma di sicuro all'estero tra qualche anno farebbero grandi cose.
Dunque, dato che ripeto pur conoscendoli, la mia "pubblicità" è assolutamente spinta da interesse per il loro lavoro (ragazzi, hanno aperto Casador a meno di vent'anni) ora inizio le mie -terrificanti- marchette virtuali:
Se vi va andatevi a vedere il loro myspace http://www.myspace.com/waitingformemories, così date un'occhiata anche alle prossime date. Se invece vi interessa prima capire un po' di cosa sono capaci, vi metto qui (con l'abilità cibernetica che mi contraddistingue) il link del loro primo e al momento unico video "Winter" http://www.youtube.com/watch?v=UgZ4EwH7Mh0. Sì, lo so. Il video fa schifo. Ma non è colpa loro.
In tutti i loro live è possibile acquistare, inoltre, anche il loro cd ( dieci tracce). Purtroppo la qualità della registrazione è pessima, ma loro valgono la pena. Aiutiamoli sti giovani.
A febbraio, tra l'altro, si esibiranno in un posticino che mi sta molto a cuore qui vicino casa mia: il Flag. Ve ne parlerò in uno dei prossimi post perchè proporrà, con l'anno che viene, molti molti concerti interessanti e poi perchè voglio tanto bene all'organizzatore.
Stay tuned.

mercoledì 29 dicembre 2010

Minor Love


Natale. Come al solito arriva l'immancabile supporto musicale che ogni festività si aggiunge alla collezione. Stavolta è toccato al nuovo lavoro di un artista che seguo con amore da un po' di anni: Adam Green.
Per chi non lo conoscesse questo newyorkese è stato a soli 14 anni co-star dei Moldy Peaches (le "pesche marce"), una grandiosa band indie-folk. Per intenderci uno dei loro pezzi più famosi è quello che viene cantanto dalla ragazzina protagonista di "Juno" insieme al suo ragazzo al termine del film.
(http://www.youtube.com/watch?v=-N3BjVMWziE).
Pochi anni dopo Green ha dato il via ad una brillante carriera solista che, sorprendentemente, lo vede però più famoso in Europa (specie Inghilterra, Francia e Germania) piuttosto che nel suo paese d'origine.
Tornando a "Minor Love". Questo lavoro è immensamente Green. Si ritrovano le sue inconfodibili ballate folk, accompagnate da pezzi più melanconici che in apparenza sembrano le timide canzoncine di un bambino di sei anni. Lo stile è quello dei Moldy, che Adam si porta dietro da quando ha cominciato a suonare da solo, ma ascoltandolo, si capisce che il vero genio della coppia era lui. Tutta Newyork, la droga, l'amaro, l'estasi che ha dentro sono messe nei suoi pezzi con un'innocenza, un "senza filtro" che è invidiabile. Inoltre è apprezzabile che qualcuno porti delle chitarre folk in un pezzo e lo renda indie.
Ci sono anche le sue filastrocche che con scanzonata irriverenza ti parlano di storie come quella di "Boss Inside".
I pezzi più riusciti e che, nonostante mantengano il Green style, possono definirsi (passatemi il termine) nuovi sono sicuramente "Breaking Locks", commovente riflessione (per quanto con Adam Green si possa parlare di riflessioni) sul suo divorzio, "Stadium Soul", la sopracitata "Boss Inside", "Castle And Tassels". Poi ci sono le perline che si staccano stranamente, e piacevolmente aggiungerei, dalla coesione del cd, come "Oh Sucks" che sembra uscita dalle Hole dopo otto bottiglie di Jack e "You Blacken My Stay".
Interessante il fatto che l'ex pesca marcia abbia volutamente e intelligentemente risparmiato sull'arrangiamento, ottenendo un effetto oltre che amabile (come ogni cosa che fa Mr. Green), ma anche molto underground, una specie di "To record only water for ten days" di Frusciante.
Conclusioni finali: a dispetto di quello che tutte le critiche musicali (almeno quelle lette da me) dicono di questo cd, io non lo trovo il migliore di Adam Green. E' più maturo, molto più coeso perchè è riuscito a mantenere lo stesso sound che scivola con coerenza lungo tutte le tracce per terminare con la botta "rock'n'roll" delle ultime tre, ha probabilmente e stabilmente trovato posto nell'industria musicale.
Nonostante questo, a mio parere, ha lasciato qualche passo dietro di sè il genio ribelle che c'era in piccoli capolavori come "Friends Of Mine" o "Gemstones" all'interno dei quali, GIURO, non esiste un pezzo brutto o anche solo mal riuscito e che, pur mancando di omogeneità (il marchio di Green si sente, ma ogni pezzo è a sè) sono talmente ricchi di cose nuove e mai sentite, di quella finta ingenuità che Adam ha dentro di sè, di tutta New York (la parte marcia di New York), che non possono essere paragonati a quest'ultimo lavoro.
Forse dipende dal fatto che Adam Green è in giro da un po' e questo album conferma soltanto il suo talento invece che stupirmi, ma ho la sensazione che la maturità abbia scansato l'originalità e che Green si ripeta un po'. In alcune tracce ho risentito "Novotel", "Prince's Bed" e compagnia bella.
Resta ovvio che per me Adam è un genio, apprezzo tutto quello che fa e, per chi non l'ha mai ascoltato, questo album potrebbe apparire un piccolo straccio di cielo nel grigiore della produzione attuale.
Se vi va andatevi anche a dare un'occhiata ai video (quattro in tutto) diretti dal regista Dima Dubson per la promozione di "Minor Love". Molto, molto, molto carini. Qui il link: http://www.youtube.com/watch?v=EGUcS5Auiac.
Buona giornata!

lunedì 27 dicembre 2010

L'Italia fa schifo, però...

Ho un minuscolo problema con gli apostrofi dovuto a firefox che spero si risolverà nel giro di poco, quindi mi toccherà usare dei surrogati in questo post, che esordio amaro..
L altro giorno stavo guardando la tv e mi è capitata sotto gli occhi l ultima pubblicità del profumo di Cartier per uomo. La canzone mi pareva di riconoscerla, o meglio, mi sembrava di riconoscere la voce del cantante ed infatti..Pete Doherty, con un pezzo sconosciuto ai più "Sweet by and by" ( http://www.youtube.com/watch?v=VkGLJFSnomE). Vabbè canzone carina, Pete è sempre efficace con la sua voce da post metadone ecc ecc. Pensare a Pete Doherty mi ha fatto, però, venire in mente il concerto dei Babyshambles a cui ho assistito nel 2008..per gli indie meneghini il ricordo dovrebbe essere abbastanza preciso..era dicembre quindi due anni fa esatti.
Dunque, partiamo dal presupposto che adoro Pete Doherty e non nel senso di "Quanto cazzo è figo, indie e inglese", ma nel senso di "Credo realmente sia un cantautore dalla sensibilità singolare, che scrive da Dio con ironia e intelligenza". Amavo i Libertines che, sebbene non fossero un progetto coraggiosissimo (per altro prodotto dallo storico Clash Mick Jones) erano veri, poetici e decandetissimi. Ci piacevano un sacco. Ho amato e amo meno i Babyshambles che sono, a mio parere oltre che una band nata in esclusiva funzione di Doherty e della sua libertà espressivo-artistica post Libs, un progetto che ha come unico scopo quello di pagare l'eroina a Doherty (oddio ho fatto un apostrofo! forse ho risolto il dilemma). I primi due album ("Down in Albion" e il breve "The Blinding EP") erano un palese diario aperto di Pete con poche eccezioni degne (leggi: "Fuck Forever"). L'ultimo lavoro "Shotter's Nation" ha sicuramente il pregio di essere più  coerente, di avere un sound che tutto sommato appare organico in tutte le tracce, ma a mio modesto parere perde quel po' di decadenza inglese che tanto caratterizza Doherty e che lo rende un prodotto meno scontato di altri.
In ogni caso, proprio in nome del mio amore per lui (e nella speranza di qualche breve flashback libertino) sono andata a vedere gli Shambles.
Immaginatevi la seguente scena: orde di ragazzine emananti ormoni pre e post adolescenziali in preda a crisi isteriche, urlanti, senza maglietta, IN PRIMA FILA, imbarazzanti cartelloni alla mano nella vana speranza di ricevere un bacio dal leader della band. (DIO MIO).
L'altra metà della mela era costituito da giovanissimi anoressici con pantaloni che stringevano i gioielli di famiglia, mocassini a punta e cappellini inglesissimi nell'altrettano vano tentativo di imitare Monsignor Doherty.
Chi come me ha un'onesta passione per l'indie dettata più dalla musica che dall'aspetto..boh, estetico(?) saprà bene a cosa mi riferisco. E' uno spettacolo mortificante per la musica. Perchè io ero lì davvero per sentire come suonavano i Dohertys.
Al di là di questo sono riuscita ugualmente a godermi un concerto che non ha però superato di certo le mie aspettative. Batterista perfetto, tempo perfetto, intro perfette; perfettissimo. Il chitarrista, suo solito, non si reggeva in piedi dalla quantità di anfetamine ingerite/aspirate. Doherty...beh lui non so che dire. Era molto meno del suo solito, quanto meno per quello che ho potuto vedere nei suoi live su youtube ecc. Sobrissimo, perfettamente presente a se stesso, non fuoriusciva di una virgola. Nessuno vuole un Doherty così. Ha regalato una perla solo con la chiosa, "Fuck Forever".
Le motivazioni plausibili che mi sono data di questo "piattume" sono le seguenti:
a) Pete si era appena disintossicato e, dieci in chili in più a parte, l'unico fattore che ciò gli apporta è un totale
    rincoglionimento;
b) il pubblico italiano fa schifo a Pete. <-- MOOOLTO PALUSIBILE.
Ora, io capisco che trovarsi di fronte ad un pubblico quasi totalmente femminile, che ti lancia reggiseni sul palco, urla e piuttosto che ascoltare quello che canti/suoni preferisce raccogliere il chewingum che hai sputato non sia il massimo; capisco che trovarsi di fronte ad un esercito maschile di cloni sia inquietante; ma lì, di fronte a te c'era anche chi era venuto solo ed esclusivamente perchè ama incodizionatamente la tua musica, che si era fatto ore sotto la pioggia (senza un cazzo di ombrello), chi era venuto per ASCOLTARE, sinceramente.
Quindi, conclusione finale alla quale sono arrivata: ok che l'Italia sucks, ok che siamo burini dentro e non possediamo l'innata grazia di un paese che non concepisce il bidè, però cazzo. Non dirmi Pete che in UK le ragazzine non ti saltano addosso, non dirmi che i ragazzi non ti imitano, non dirmi che non ci sono i buzziconi pure lì, perchè non ci credo.
In fondo è apprezzabile che ci sia qualcuno che viene ai tuoi concerti non perchè "Minchia sei il tipo di Kate Moss", ma perchè apprezza la musica.
Ecco non ho amato molto quel concerto perchè gli inglesi con la puzza sotto il naso proprio non mi vanno giù. Ciò non di meno continuerò ad ascoltare tutte le canzoni di Pete e a godermelo solista qualche volta che, credetemi (per esperienza), rende di più.







domenica 26 dicembre 2010

Mah..

Premettiamo: amo i blogger intelligenti, chi ha (veramente) qualcosa da dire e riesce pure a scriverlo in un italiano decente. Non ho pregiudizi relativi alla tipologia del blogger ("Oddio! Scrive di moda, che sfigataaaa!"); qualunque cosa sia ben scritta e con un contenuto di senso vale la pena di essere letta. Non avrei mai pensato, però, di aprire un blog mio perchè sono la persona meno egocentrica che esista sulla faccia della terra, ma poi ho pensato che, in fondo, è un modo per poter parlare di cose che mi piacciono che molto spesso non trovano luogo nella mia vita di tutti giorni; quella "reale" per intenderci.
Non posterò di me, di vestiti o di cose del genere. Parlerò solo, quando e se mi sarà possibile, di musica. Di quello che ascolto, che mi piace e non mi piace. Vorrei aprire un blog di musica, insomma. Non ho competenze per farlo. Ho 22 anni e certamente una cultura musicale limitatissima. Ma adoro il giornalismo musicale, adoro parlare di cd, amo il rock e non vivo senza musica. Per cui, nulla...scriverò del poco che so e se qualcuno mai avrà voglia di dire la sua sul mio pensiero sarà ben accetto.
Uno o due P.S. : sono quanto di più negato esista per la tecnologia, di conseguenza dal momento che il blog non ha senso di esistere se non per quello che c'è scritto (e non è nemmeno detto per quello) non avrà impostazioni strafighe, sarà banalissimo e poco strutturato; quindi in un certo senso mi scuso con chi lo leggerà (?!).
Altra cosa, io dirò quello che penso riguardo cd, singoli, video e concerti per quella che è la mia opinione. Niente di acculturato o con pretese/velleità da critica musicale (che non sono nè, temo, potrò mai essere). Non sarà niente di più che una chiaccherata con l'amico dopo il concerto.
Vabbè, vi ho ammorbato abbastanza con il saluto inziale,
spero di cominciare presto a dire la mia...anche qui.
Ele